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Rischio di Parkinson più che doppio in caso di epatite C. Nessun allarme però, concorrono molti fattori

Gen 11 2016

I pazienti con infezione da HCV mostrano un rischio significativamente aumentato di sviluppare la malattia di Parkinson (PD). È quanto emerge da un ampio studio basato sulla popolazione nazionale condotto a Taiwan e pubblicato online su Neurology. 

Ovviamente tale rischio è multifattoriale, specifica il principal investigator, Hsin-Hsi Tsai, dell’Ospedale universitario nazionale di Taiwan, a Taipei. Però l’associazione positiva riscontrata tra infezione da HCV e PD può avere implicazioni cliniche in aree ad alta endemia di HCV. In questi casi, fa notare il ricercatore, «test neurologici più approfonditi ed esami di imaging funzionale potrebbero aiutarci a riconoscere il PD in fase precoce in pazienti anti-HCV positivi». 

 

Lo studio di coorte nazionale basato sulla popolazione si è fondato su dati ottenuti dal database di ricerca dell’Ente assicurativo nazionale taiwanese relativi al periodo compreso tra il 2000 e il 2010. In totale sono stati inclusi nell’analisi quasi 50mila pazienti affetti da epatite virale. In particolare 35.619 soggetti con HBV (71,3%), 10.286 con HCV (20,65) e 4.062 con entrambe le infezioni (8,1%). I pazienti, seguiti per 12 anni, avevano un’età media di 46 anni ed erano donne nel 43,5% dei casi. Per i confronti (popolazione controllo) sono stati considerate 199.868 persone senza epatite virale.

 

I pazienti sono stati ulteriormente suddivisi in 3 sottogruppi: HBV-infetti, HCV-infetti e HBV-HCV-coinfetti. In ogni sottocoorte è stata calcolata l’incidenza di PD. Il gruppo guidato da Tsai ha così riscontrato un rischio aumentato di 2,5 volte di PD nei pazienti HCV-infetti rispetto ai controlli (non infetti da HCV o da HBV). Il valore dell’hazard ratio (HR) si confermava sostanzialmente dopo aggiustamento per età, genere e un’ampia serie di possibili comorbilità (soprattutto cardiovascolari e neurologiche).

Tale cifra non ha raggiunto la significatività statistica ma questo – secondo gli autori – a causa dell’insufficienza numerica di casi di PD in entrambe le popolazioni analizzate. Da notare che il rischio si manifestava, seppure a livello minore, nella sottopopolazione coinfetta da HCV e HBV, con un HR pari a 1,28. Un’analisi stratificata per età, genere e comorbilità ha messo poi in luce che l’associazione si manteneva nei pazienti sotto i 65 anni, nei maschi e nei soggetti con qualsiasi comorbilità. Appartenere al genere maschile e avere una comorbilità sembra rappresentare un “colpo” nella teoria del “secondo colpo” del PD.

 

Questa teoria, spiegano gli autori, prevede che l’HCV entri nel sistema nervoso centrale (SNC) distruggendo l’integrità della barriera ematoencefalica, che risulta in un danno neuronale. Tale danno costituirebbe il primo “colpo” con secondi “colpi” probabilmente costituiti da età, genere maschile, altre esposizioni ambientali (come pesticidi) e traumi cranici. Il legame tra l’infezione da HCV e il PD è supportato dal riscontro che l’infezione può causare il rilascio di citochine infiammatorie correlate alla patogenesi del PD, afferma Tsai. 

 

Da notare, inoltre, che ci sono prove di un legame tra l’HCV e un’altra patologia neurodegenerativa, quale l’Alzheimer, mentre non esistono evidenze che l’HBV, virus a DNA (contrariamente all’HCV, a RNA), sia neuroinvasivo. Altri virus che invece appaiono legati al PD sono lo storico virus influenzale pandemico del 1918 (tipo A H1N1) e l’HIV (che causa PD tra il 5% e il 50% dei pazienti con AIDS).

 

Lo studio ha un limite, ammesso dagli stessi ricercatori: dai dati disponibili non è stato possibile risalire alle modalità di trasmissione del virus (trasfusione, iniezione di sostanze d’abuso tramite siringa infetta): ciò, secondo vari commentatori, impone cautela nell’interpretazione dei risultati, così come il fatto che non si sia verificato se il trattamento dell’infezione da HCV riducesse il rischio di sviluppare il PD.

 

In ogni caso – ha commentato Beth Vernaleo, direttore associato dei programmi di ricerca della Parkinson’s Disease Foundation – non c’è motivo d’allarme per soggetti con epatite C: per la maggior parte delle persone devono essere presenti molteplici fattori di rischio perché si sviluppi la malattia neurodegenerativa.

 

FONTE: http://www.pharmastar.it/?cat=32&id=20272

 

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