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Sperimentata nuova tecnica per il trapianto nel diabete

Set 02 2015

Il (Dri) dell'Università di Miami ha sottoposto con successo un paziente al primo trapianto "biotech" di isole pancreatiche. L'operazione rappresenta un importante passo verso lo sviluppo del BioHub, un "mini organo" bioingegnerizzato che imita il pancreas nativo per ripristinare la naturale produzione di insulina nei pazienti con diabete di tipo 1.


L'impalcatura utilizzata è biodegradabile, derivata da una combinazione di plasma del paziente e trombina, un comune enzima per uso clinico. Quando queste sostanze si legano, creano un gel che si attacca al grande omento, formazione sierosa che ricopre la massa intestinale a guisa di grembiule e mantiene le isole in sede. Con il passare del tempo, l'organismo assorbirà la sostanza gelatinosa lasciando intatte le isole, mentre verranno formati nuovi vasi sanguigni per supportare la funzionalità delle cellule.

 

I pericoli del trapianto "normale".

 

Nel diabete di tipo 1, le cellule che producono insulina nel pancreas vengono distrutte dal sistema immunitario, obbligando il paziente a gestire i livelli di zucchero nel sangue mediante diverse somministrazioni giornaliere di insulina. Il trapianto viene solitamente effettuato "impiantando" le isole pancreatiche nel fegato. In questo caso, però, il contatto delle isole con il sangue attiva una reazione infiammatoria che le danneggia.
“Questo è il primo caso in cui le isole sono state trapiantate con tecniche di ingegneria tissutale all’interno di una impalcatura biologica e riassorbibile sulla superficie dell’omento, tessuto che riveste gli organi addominali. Il sito è accessibile con la chirurgia minimamente invasiva (laparoscopica), ha lo stesso apporto di sangue e le stesse caratteristiche di drenaggio del pancreas e permette di minimizzare la reazione infiammatoria e quindi il danno alle isole trapiantate”, spiega Camillo Ricordi, direttore del DRI e del Centro Trapianti Cellulari presso l’Università di Miami e presidente del cda di Ismett. Per raggiungere questo obiettivo, i ricercatori Usa hanno collaborato con l'ospedale Niguarda e il San Raffaele di Milano.
“Ad Ismett – aggiunge il direttore dell’istituto palermitano, Bruno Gridelli – anche grazie alla partecipazione al DRI, seguiamo con grande interesse questo nuova promettente tecnica di trapianto di isole che ha una grande potenzialità di cura per i pazienti diabetici. Speriamo di poter anche noi quanto prima partecipare a questa innovativa ricerca”.
Per chi fosse interessato ci si può informare spedendo una mail a questo indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..


Domande frequenti:


1) Il trial sperimenterà il BioHub?

Si tratta di un trial che intende sperimentare l'efficacia di un nuovo sito per il posizionamento delle isole trapiantate, in questo caso il grande omento. Sperimenterà allo stesso tempo una delle piattaforme considerate parte del progetto BioHub.

2) Quali sono i criteri del trial?


I criteri per la partecipazione sono:


- Età fra i 18 e i 60 anni
- Più di 5 anni di diabete di tipo 1
- ipoglicemia inconsapevole

 

3) Si dovranno assumere farmaci antirigetto?


Sì. L'obiettivo del DRI è di eliminare l'uso di questi farmaci, ma il primo trial ha lo scopo di testare l'omento come nuovo sito per la localizzazione dell'impianto. Al fine di comparare il grande omento con gli altri siti utilizzati in precedenza, i ricercatori devono limitare le variabili per non confondere i risultati. Di conseguenza, all'inizio utilizzeranno gli stessi immunosoppressori e le stesse procedure usate negli studi precedenti.


4) I volontari riceveranno tutti lo stesso trattamento o sarà coinvolto anche un gruppo di controllo con placebo?


Ogni volontario riceverà lo stesso trattamento come indicato nel protocollo. I trapianti di organi e tessuti non usano le procedure degli studi placebo-controllati. La comparazione viene fatta con altri trial effettuati in precedenza.

In studi precedenti, il trapianto delle cellule ha prodotto un'indipendenza prolungata dall'insulina per i pazienti. Alcuni di loro continuano ad essere liberi da questa dipendenza dopo oltre un decennio dal trapianto.
Tuttavia, esistono dei limiti per questo tipo di procedura. Innanzitutto la disponibilità di cellule per i trapianti, poi il superamento della necessità dei farmaci antirigetto, infine l'identificazione di siti ottimali per il trapianto.
Sono esattamente queste le ragioni per le quali i ricercatori del DRI stanno portando avanti queste sperimentazioni e il progetto BioHub.

 

FONTE: http://www.italiasalute.it/13032/pag2/Sperimentata-nuova-tecnica-per-trapianto-nel-diabete.html

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