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Alzheimer, può attaccare anche il cervello di un ventenne

Mar 03 2015

La proteina β-amiloide inizia ad accumularsi in alcune aree nel cervello ben prima di quanto si pensasse, già a partire dai vent’anni. A rilevare la precoce presenza di accumuli della molecola, che diventa tossica quando si aggrega in oligomeri che sono considerati una delle principali cause del danno neurale nella malattia di Alzheimer, sono stati ricercatori della Northwestern University negli Stati Uniti.

 

Nello studio, i cui risultati sono appena stati pubblicati sulla rivista Brain, gli scienziati hanno osservato per la prima volta la proteina nei neuronicolinergici del complesso del prosencefalo basale, cellule che sono i primi bersagli della malattia di Alzheimer, anche nei cervelli giovani. Attraverso l’uso di tecniche di immuno istochimica, i ricercatori hanno analizzato i cervelli di 13 adulti (22-66 anni) cognitivamente intatti, 16 anziani (70-99) non dementi e 21 con Alzheimer (età 60-95). Soltanto nelle cellule colinergiche del proencefalo basale, e non in altre regioni osservate, i ricercatori hanno notato un accumulo di amiloide con placche e aggregati di dimensione crescente all’aumentare dell’età del soggetto, indipendentemente dal decadimento cognitivo.

 

È noto  che nell’Alzheimer l’iperproduzione della proteina β-Amiloide ne causa l’accumulo in aggregati che vanno poi aformare le celebri placche; queste, insieme agli ammassi neurofibrillari determinati dall’iperfosforilazione della proteina Tau, attivano la neuro infiammazione alla base della degenerazione neurale e inducono nell’uomo la morte neuronale e il decadimento cognitivo. Insomma, il danno neurale è determinato da più vie parallele che agiscono contemporaneamente.


«Aver osservato per la prima volta la presenza del peptide in quei neuroni, quelli colinergici, che sono i primi ad esser attaccati dall’Alzheimer, è un passo avanti nella conoscenza del ruolo di queste cellule nel progredire della malattia», ha spiegato Carlo Ferrarese, direttore della clinica neurologica del San Gerardo di Monza e direttore del Centro di Neuroscienze di Milano (NeuroMi) dell’Università Milano Bicocca, non coinvolto nello studio. «Vale la pena ricordare che le terapie già approvate per il rallentamento della malattia e del decadimento cognitivo intendono aumentare sintesi e rilascio dell’acetilcolina, neurotrasmettitore prodotto proprio dai neuroni colinergici, o bloccarne la degenerazione».

 

Nel frattempo, i ricercatori sono al lavoro per identificare dei marcatori precoci della malattia che oggi viene diagnosticata attraverso la somministrazione di test neuropsicologici per la valutazione dei disturbi cognitivi. La fase preclinica precede di 10-20 anni l’esordio della malattia e riuscire ad individuare l’inizio del percorso patologico che porterà all’Alzheimer permetterebbe di intervenire per ritardarne la comparsa. Si stima che posticipare l'insorgenza della demenza di soli 5 anni porterebbe ad una diminuzione del 50% nella prevalenza della demenza.
Con 36 milioni di pazienti nel mondo, destinati a triplicare entro il 2050, e 500mila in Italia, l’Alzheimer costituisce per un esercito di ricercatori una sfida dal tremendo fardello socioeconomico. La prevenzione gioca dunque un ruolo fondamentale. E l'edizione di quest'anno della Brain Awareness Week (La Settimana del Cervello), che si svolgerà dal 16 al 22 marzo 2015 in tutto il mondo, nel nostro paese sarà organizzata dalla SIN Società Italiana di Neurologia, di cui il professor Ferrarese è segretario, e sarà dedicata alla prevenzione delle demenze attraverso l'alimentazione, come recita il titolo: «Nutrire il cervello. Dieta e malattie neurologiche».

 

FONTE: http://www.lastampa.it/2015/03/02/scienza/benessere/alzheimer-pu-attaccare-anche-il-cervello-di-un-ventenne-j7FgirXzsvbtEoPyUdFlrI/pagina.html

 

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