Quello al polmone è il tumore più comune in tutto il mondo, con 1,35 milioni di nuovi casi diagnosticati ogni anno, di cui circa 40mila in Italia. È la principale causa di morte per cancro ed è responsabile di 1.180.000 morti ogni anno. Spesso la malattia viene diagnosticata in fase avanzata, quando ha già dato metastasi ed è molto difficile da trattare, ma diversi studi presentati durante il recente congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) hanno messo in evidenza i progressi compiuti usando diversi nuovi farmaci e aperto nuovi spiragli per la sopravvivenza dei malati. L’immunoterapia funziona meglio della chemioterapia standard «Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione in uno dei tumori più difficili da trattare, sia per la rapidità di evoluzione che per la scarsa risposta alle terapie convenzionali» spiega Lucio Crinò, direttore dell’Oncologia medica all’Ospedale di Perugia, commentando i dati emersi dallo studio CheckMate -057, presentato all’Asco conclusosi a Chicago nei giorni scorsi. La sperimentazione ha testato nei malati con tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso metastatico l’efficacia di una nuova molecola (nivolumab) appartenente alla più recente strategia emersa contro il cancro, l’immunoterapia, che punta a «risvegliare» il sistema immunitario armandolo per combattere contro il tumore. Lo studio ha evidenziato che il 51 per cento dei pazienti trattati con nivolumab è vivo ad un anno rispetto al 39 per cento di quelli curati con la chemioterapia standard a base di docetaxel, che offriva benefici modesti con rilevanti problemi di tossicità. Risultati buoni anche nei tumori dei non fumatori «In termini di aumento della sopravvivenza, i risultati ottenuti in questi pazienti non erano mai stati registrati in precedenza – prosegue Crinò, che è anche coordinatore delle linee guida sul tumore del polmone dell’Aiom, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica -. I dati a disposizione sono ancora poco maturi per poter parlare di lungosopravviventi, ma alla luce della tendenza già vista in precedenti studi condotti con l’immuno-oncologia nel melanoma, è molto probabile che queste percentuali di sopravvivenza si mantengano anche negli anni successivi». Dati molto positivi sono emersi dallo stesso confronto (nivolumab verso la chemioterapia standard) nei malati con adenocarcinoma del polmone, la forma di cancro più frequente tra chi non ha mai fumato, in fase metastatica: in questo caso non solo si è visto un miglioramento della sopravvivenza, ma si è anche registrato un aumento dei malati che rispondono positivamente alle cure passando dal solo 8 per cento di docetaxel al 20 per cento ottenuto con il nuovo farmaco. Un nanofarmaco che è ben tollerato dai pazienti più anziani Fra le principali novità presentate a Chicago per la cura delle neoplasie polmonari c’è poi anche, sempre per i malati in stadio avanzato, la combinazione di un nanofarmaco (nab-paclitaxel) che associato a carboplatino (un farmaco chemioterapico) ha dimostrato maggiore efficacia nel trattamento tumore del polmone non a piccole cellule squamoso, in particolare nei pazienti anziani colpiti da questa malattia. Nab-paclitaxel è un nanofarmaco (già approvato in Italia per la cura dei tumori del pancreas ), creato in laboratorio legando il paclitaxel, un chemioterapico già largamente utilizzato, all’albumina in nanoparticelle. Le particelle di albumina (la cui naturale funzione è quella di trasportare nel sangue acidi grassi, ormoni e vitamine) circolano nel sangue e sono considerate dalle cellule cancerose come un nutrimento. Sono state così sfruttate come “cavallo di Troia” per raggiungere il tumore, altrimenti assai difficile da colpire per altre vie: una volta “agganciate” dalle cellule cancerose, le particelle di albumina trasportano il chemioterapico (concentrato in dose assai massicce) al loro interno e poi lo liberano, uccidendo la cellula malata. n questo modo si blocca la proliferazione delle cellule tumorali e si rallenta (o nei casi migliori si blocca per periodi prolungati) la crescita della neoplasia. Si studiano i mix fra nonanofarmaci e immunoterapia Nel nostro Paese, fra le persone ultra70enni, il tumore del polmone è la seconda neoplasia più frequente fra gli uomini e la terza fra le donne. «Il dato riportato negli anziani è determinato dall’ottima tollerabilità e dalla minore tossicità del farmaco – spiega Cesare Gridelli, direttore del Dipartimento di Onco-ematologia dell’Azienda Ospedaliera Moscati di Avellino -. Con nab-paclitaxel, la concentrazione di paclitaxel libera nell’organismo è 10 volte superiore a quella di paclitaxel convenzionale, permettendo una maggiore esposizione al farmaco rispetto alla formulazione tradizionale. È in fase di studio l’utilizzo di nab-paclitaxel in mantenimento come agente singolo, dopo la prima fase del trattamento rappresentata dall’associazione con carboplatino. Infine, al congresso Asco sono stati presentati dati preliminari molto confortanti sull’associazione di nab-paclitaxel con nivolumab, il nuovo farmaco immunoterapico – conclude Gridelli -, una combinazione che si prospetta di particolare interesse». Grandi speranze per i tumori dei tabagisti quando la chemio non funziona Un’altra immuno-molecola sperimentale (testata nel trial POPLAR) lascia ben sperare per i malati con un carcinoma polmonare squamoso, tipico dei tabagisti. Gli esiti dello studio (che ha arruolato 287 pazienti, già precedentemente trattati con chemioterapici) mostrano che la cura è ben tollerata dai pazienti e che raddoppiano la probabilità di sopravvivenza rispetto alla cura standard, facendo registrare una diminuzione del tasso di mortalità del 53 per cento. «Sono dati molto promettenti - commenta Filippo De Marinis, direttore dell’oncologia toracica all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano - che sarà importante confermare e approfondire con nuove analisi. Per i tumori squamosi legati al fumo, che non rispondono alla chemioterapia e sono operabili solo se piccoli, è un passo avanti che dà un grande motivo di speranza. Con l’avvento dell’immunoterapia si sancisce un profondo cambiamento nel trattamento del cancro del polmone: questi farmaci si attaccano ai recettori con cui il tumore inibisce il sistema immunitario, lo liberano e lo rimettono in moto contro il nemico cancro. E’ la parte sana dell’organismo che attacca quella malata». ] Quello al polmone è il tumore più comune in tutto il mondo, con 1,35 milioni di nuovi casi diagnosticati ogni anno, di cui circa 40mila in Italia. È la principale causa di morte per cancro ed è responsabile di 1.180.000 morti ogni anno. Spesso la malattia viene diagnosticata in fase avanzata, quando ha già dato metastasi ed è molto difficile da trattare, ma diversi studi presentati durante il recente congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) hanno messo in evidenza i progressi compiuti usando diversi nuovi farmaci e aperto nuovi spiragli per la sopravvivenza dei malati.
L’immunoterapia funziona meglio della chemioterapia standard
«Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione in uno dei tumori più difficili da trattare, sia per la rapidità di evoluzione che per la scarsa risposta alle terapie convenzionali» spiega Lucio Crinò, direttore dell’Oncologia medica all’Ospedale di Perugia, commentando i dati emersi dallo studio CheckMate -057, presentato all’Asco conclusosi a Chicago nei giorni scorsi. La sperimentazione ha testato nei malati con tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso metastatico l’efficacia di una nuova molecola (nivolumab) appartenente alla più recente strategia emersa contro il cancro, l’immunoterapia, che punta a «risvegliare» il sistema immunitario armandolo per combattere contro il tumore. Lo studio ha evidenziato che il 51 per cento dei pazienti trattati con nivolumab è vivo ad un anno rispetto al 39 per cento di quelli curati con la chemioterapia standard a base di docetaxel, che offriva benefici modesti con rilevanti problemi di tossicità.
Risultati buoni anche nei tumori dei non fumatori
«In termini di aumento della sopravvivenza, i risultati ottenuti in questi pazienti non erano mai stati registrati in precedenza – prosegue Crinò, che è anche coordinatore delle linee guida sul tumore del polmone dell’Aiom, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica -. I dati a disposizione sono ancora poco maturi per poter parlare di lungosopravviventi, ma alla luce della tendenza già vista in precedenti studi condotti con l’immuno-oncologia nel melanoma, è molto probabile che queste percentuali di sopravvivenza si mantengano anche negli anni successivi». Dati molto positivi sono emersi dallo stesso confronto (nivolumab verso la chemioterapia standard) nei malati con adenocarcinoma del polmone, la forma di cancro più frequente tra chi non ha mai fumato, in fase metastatica: in questo caso non solo si è visto un miglioramento della sopravvivenza, ma si è anche registrato un aumento dei malati che rispondono positivamente alle cure passando dal solo 8 per cento di docetaxel al 20 per cento ottenuto con il nuovo farmaco.
Un nanofarmaco che è ben tollerato dai pazienti più anziani
Fra le principali novità presentate a Chicago per la cura delle neoplasie polmonari c’è poi anche, sempre per i malati in stadio avanzato, la combinazione di un nanofarmaco (nab-paclitaxel) che associato a carboplatino (un farmaco chemioterapico) ha dimostrato maggiore efficacia nel trattamento tumore del polmone non a piccole cellule squamoso, in particolare nei pazienti anziani colpiti da questa malattia. Nab-paclitaxel è un nanofarmaco (già approvato in Italia per la cura dei tumori del pancreas ), creato in laboratorio legando il paclitaxel, un chemioterapico già largamente utilizzato, all’albumina in nanoparticelle. Le particelle di albumina (la cui naturale funzione è quella di trasportare nel sangue acidi grassi, ormoni e vitamine) circolano nel sangue e sono considerate dalle cellule cancerose come un nutrimento. Sono state così sfruttate come “cavallo di Troia” per raggiungere il tumore, altrimenti assai difficile da colpire per altre vie: una volta “agganciate” dalle cellule cancerose, le particelle di albumina trasportano il chemioterapico (concentrato in dose assai massicce) al loro interno e poi lo liberano, uccidendo la cellula malata. n questo modo si blocca la proliferazione delle cellule tumorali e si rallenta (o nei casi migliori si blocca per periodi prolungati) la crescita della neoplasia.
Si studiano i mix fra nonanofarmaci e immunoterapia
Nel nostro Paese, fra le persone ultra70enni, il tumore del polmone è la seconda neoplasia più frequente fra gli uomini e la terza fra le donne. «Il dato riportato negli anziani è determinato dall’ottima tollerabilità e dalla minore tossicità del farmaco – spiega Cesare Gridelli, direttore del Dipartimento di Onco-ematologia dell’Azienda Ospedaliera Moscati di Avellino -. Con nab-paclitaxel, la concentrazione di paclitaxel libera nell’organismo è 10 volte superiore a quella di paclitaxel convenzionale, permettendo una maggiore esposizione al farmaco rispetto alla formulazione tradizionale. È in fase di studio l’utilizzo di nab-paclitaxel in mantenimento come agente singolo, dopo la prima fase del trattamento rappresentata dall’associazione con carboplatino. Infine, al congresso Asco sono stati presentati dati preliminari molto confortanti sull’associazione di nab-paclitaxel con nivolumab, il nuovo farmaco immunoterapico – conclude Gridelli -, una combinazione che si prospetta di particolare interesse».
Grandi speranze per i tumori dei tabagisti quando la chemio non funziona
Un’altra immuno-molecola sperimentale (testata nel trial POPLAR) lascia ben sperare per i malati con un carcinoma polmonare squamoso, tipico dei tabagisti. Gli esiti dello studio (che ha arruolato 287 pazienti, già precedentemente trattati con chemioterapici) mostrano che la cura è ben tollerata dai pazienti e che raddoppiano la probabilità di sopravvivenza rispetto alla cura standard, facendo registrare una diminuzione del tasso di mortalità del 53 per cento. «Sono dati molto promettenti - commenta Filippo De Marinis, direttore dell’oncologia toracica all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano - che sarà importante confermare e approfondire con nuove analisi. Per i tumori squamosi legati al fumo, che non rispondono alla chemioterapia e sono operabili solo se piccoli, è un passo avanti che dà un grande motivo di speranza. Con l’avvento dell’immunoterapia si sancisce un profondo cambiamento nel trattamento del cancro del polmone: questi farmaci si attaccano ai recettori con cui il tumore inibisce il sistema immunitario, lo liberano e lo rimettono in moto contro il nemico cancro. E’ la parte sana dell’organismo che attacca quella malata».
FONTE: http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/15_giugno_09/immunoterapia-nano-farmaci-tumore-polmoni-0941f70a-0eaf-11e5-89f7-3e9b1062ea42.shtml?refresh_ce-cp