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Tumori del sangue negli anziani destinati ad aumentare

Mag 19 2015

Un tumore su due colpisce uomini e donne durante la terza età e, con l’invecchiamento generale della popolazione, i casi di cancro fra gli ultra65enni sono destinati ad aumentare. Grazie ai molto progressi fatti negli ultimi decenni fortunatamente l’età spesso non è più un limite invalicabile per ricevere terapie efficaci, ma quando si devono curare pazienti oncologici anziani servono particolari attenzioni e un confronto serrato fra diversi specialisti. «Negli ultimi anni si è assistito a un incremento esponenziale dell’aspettativa di vita generale – dice Alessandra Iurlo, responsabile dell’Unità di Oncoematologia dell’Anziano da poco istituita alla Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano -. Secondo le stime più recenti, nel corso dei prossimi 40 anni i cambiamenti più rilevanti nella popolazione globale riguarderanno le fasce di età più avanzate e in particolare si ritiene che entro il 2050 la quota di soggetti di età superiore a 65 anni sia destinata a raddoppiare. Inevitabile che l’invecchiamento della popolazione generale abbia quindi un impatto significativo anche sull’incidenza e sul trattamento dei tumori ematologici, che sono patologie tipiche dell’anziano».

 

Linfomi 50 volte più frequenti negli 80enni che nei 20enni

 

Numerosi studi condotti negli anni passati hanno dimostrato come l’incidenza di malattie ematologiche maligne quali leucemie, mielodisplasie, linfomi non-Hodgkin e mielomi aumenti progressivamente con l’età, raggiungendo un picco fra i 75 e i 99 anni. «Ad esempio, l’incidenza di linfomi non-Hodgkin nella fascia di età 60-64 anni e in quella 80-84 anni è rispettivamente di circa 19 e 50 volte superiore a quella che si osserva in soggetti di 20-24 anni – precisa Iurlo -. Per questo motivo abbiamo deciso di creare al Policlinico un’apposita unità dedicata ai tumori del sangue negli anziani e di organizzare un convegno sul tema (che si terrà il prossimo 16 maggio 2015) con il duplice scopo di fare il punto sui successi terapeutici ottenuti di recente e affrontare gli obiettivi che restano ancora da perseguire». Chemioterapie a minore tossicità, terapie biologiche e mirate (le cosiddette target therapies) hanno dato ai malati nuove speranze , spesso ribaltando le loro prospettive: se la diagnosi di un tumore del sangue era fino a 10 o 15 anni fauna condanna quasi certa, ora in moltissimi casi esistono cure efficaci, ben tollerabili, che consentono di convivere con la malattia per anni.

 

Non sempre il tumore non cambia l’aspettativa di vita

 

«Le neoplasie ematologiche rappresentano un ampio ed eterogeneo gruppo di patologie maligne – chiarisce Agostino Cortelezzi, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncoematologia della Ca’ Granda -, che sono molto variabili fra loro sia nel numero di casi diagnosticati ogni anno che nella prognosi. Quindi le percentuali di sopravvivenza cambiano parecchio a seconda del tipo di cancro in questione: se alcune forme aggressive (come molti tipi di leucemie acute) sono ancora assai difficili da trattare, altre (quali leucemie mielodi e linfatiche croniche o i mielomi) consentono generalmente un’aspettativa di vita molto più lunga, tanto da non alterare talvolta la normale durata di vita della persona anziana. Nuovi ed efficaci schemi terapeutici messi a punto grazie alla ricerca e all’arrivo di terapie innovative, hanno reso possibile anche garantire una qualità di vita più che accettabile ad una percentuale non trascurabile di pazienti, pur non permettendo una vera e propria guarigione». Di fronte a un ultra65enne con una diagnosi di tumore, però, scegliere la terapia più adeguata significa non solo puntare a migliorare la sopravvivenza, ma soprattutto prestare attenzione alla qualità di vita dei pazienti.

 

Diversi specialisti e una valutazione della persona per scegliere la terapia giusta

 

Se è vero, infatti, che moltissimi over 65 oggi sono attivi (spesso anche lavorativamente) e in ottime condizioni, è indispensabile che l’approccio terapeutico sia individualizzato, che tenga in debita considerazione il profilo fisico e funzionale del singolo individuo, l’età biologica, la capacità di tollerare un eventuale trattamento e il profilo di tossicità atteso. «Bisogna valutare la presenza di eventuali altre malattie concomitanti come pressione alta, colesterolo, diabete, patologie cardiovascolari, assai diffusi con l’avanzare dell’età – conclude Daniela Mari, direttore della Geriatria del Policlinico -. Evitando di somministrare alle persone più fragili trattamenti o dosaggi eccessivi, difficili da tollerare o, viceversa, di prescrivere a pazienti in ottima forma cure troppo blande solo perché giudicati anziani. Nell’ottica di una terapia personalizzata, in base al tumore e al singolo individuo, è quindi molto importante che oncologi ed ematologi si confrontino anche coi geriatri, per poter valutare al meglio le condizioni psico-fisiche dei pazienti». Del resto oggi persino il trapianto di cellule staminali, potenziale salvavita per molte forme di tumore del sangue e giudicato per molto tempo una procedura troppo complessa e rischiosa per poter essere tollerata dagli anziani, è oggi accessibile a un numero più ampio di pazienti e l’età in sé è più considerata un fattore che da sola possa determinare se una persona è candidabile o meno al trapianto.

 

FONTE: http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/15_maggio_07/tumori-sangue-anziani-destinati-ad-aumentare-7a034f24-f4bb-11e4-83c3-0865d0e5485f.shtml

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