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Parkinson, Alzheimer, Sla: così la medicina sfiderà i mali neurologici

Ott 16 2015

Non si arresta l’epidemia delle malattie neurologiche, in continua crescita complici l’invecchiamento della popolazione e l’allungamento dell’aspettativa di vita. Si stima che nei prossimi anni ad essere colpiti da malattie neurodegenerative saranno centinaia di milioni di persone. Di fronte a cifre così importanti, le sfide principali dei neurologi italiani, riuniti nel 46esimo congresso della SIN Società Italiana di Neurologia a Genova dal 10 al 13 ottobre, sono la diagnosi preclinica ai primi stadi della malattia e la diagnosi precoce quando ancora i segni clinici sono incerti o sfumati.

 

«Poter giungere ad un’analisi preclinica della malattia, quindi prima ancora che essa si manifesti, permetterebbe di indirizzare i pazienti verso trattamenti tempestivi e di lavorare all’individuazione di efficaci farmaci neuroprotettivi, che fin qui hanno ottenuto scarsi risultati forse perché somministrati a decorso patologico avviato» ha spiegato il professor Aldo Quattrone, presidente della SIN e Rettore dell’Università Magna Graecia di Catanzaro.

 

PARKINSON: ALLA RICERCA DEI CAMPANELLI D’ALLARME 

 

Sono 240mila i pazienti affetti da Morbo di Parkinson nel nostro paese e 50mila quelli con parkinsonismi. «Il nostro obiettivo è oggi riuscire a studiarli prima ancora della comparsa dei sintomi motori, quando presumibilmente le cellule dopaminergiche sono ancora intatte» ha spiegato Quattrone. «Al congresso discuteremo alcuni segnali promettenti, come i disturbi del sonno REM o dell’olfatto, anche se non sono specifici della malattia».

 

ALZHEIMER: I PRIMI RISULTATI ENTRO UN PAIO D’ANNI 

 

In Italia sono 1 milione i casi di demenza, di cui 600mila quelli colpiti da malattia di Alzheimer, per la quale non esiste alcun trattamento in grado di curare o arrestare il progredire della malattia. Si stima che nel 2050 ne saranno affette oltre 100 milioni di persone. «Oggi, grazie alla PET riusciamo a osservare la presenza dell’accumulo progressivo della proteina beta-amiloide nel cervello in modo meno invasivo rispetto all’analisi del liquor che richiede un’iniezione lombare» ha spiegato Carlo Ferrarese, direttore scientifico del Centro di Neuroscienze di Milano. 

La proteina beta amiloide è sicuramente causa della demenza ma non è chiaro quando la malattia si manifesterà e con che severità. «Una volta documentato l’accumulo della proteina, possiamo somministrare farmaci in grado di bloccarne la produzione – gli inibitori della beta secretasi – oppure somministrare anticorpi monoclonali per la sua rimozione. Avremo i primi risultati della sperimentazione tra un paio d’anni» ha spiegato Ferrarese. 

Alcuni studi PET sono già in corso anche su soggetti sani, con familiarità alla malattia, con l’obiettivo di misurarne la beta-amiloide e monitorare lo sviluppo della malattia. Infatti, «bloccare la proteina beta amiloide si è fin qui dimostrato inefficace quando la malattia è già in corso, pur nelle sue fasi iniziali». Un limite alla diffusione di questo esame PET è anche il costo del tracciante che lega la proteina, che aumenta con la distanza dal sito di produzione.

 

SLA: ANCHE QUI L’OBIETTIVO É ANTICIPARE LA DIAGNOSI

 

Tra le malattie neurodegenerative, la sclerosi laterale amiotrofica è terza per incidenza. La sfida principale è ancora quella di una diagnosi precoce, dal momento che la Sla viene riconosciuta con un ritardo medio di un anno anche a causa dell’assenza di biormarcatori specifici e ciò impedisce al paziente di iniziare tempestivamente i trattamenti farmacologici e di supporto. «Negli ultimi vent’anni, abbiamo avuto allo studio almeno sessanta farmaci e nessuno si è rivelato efficace. Spesso ci viene chiesta la ragione dell’importanza della diagnosi precoce in assenza di una cura» ha spiegato il professor Adriano Chiò, Coordinatore del Centro SLA del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università degli Studi di Torino e dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino. 

«La risposta è che permetterebbe l’inserimento dei pazienti nei trial clinici, l’ottenimento del supporto materiale e sociale loro necessario e la possibilità eventualmente di scoprire i marcatori biologici della malattia». La diagnosi presintomatica non è possibile, ma a questo fine sono già in corso degli studi su soggetti sani ma a rischio perché portatori di mutazioni genetiche associate alla SLA. Chiò ha elencato gli altri versanti su cui i ricercatori sono al lavoro: «La ricerca dei biomarcatori umorali, ad elevata sensibilità e specificità, ha fatto progressi; l’uso delle neuroimmagini, che sembrano consentirci di rilevare le lesioni nella fase presintomatica; la PET, che ci fornisce informazioni sulla componente cognitiva della malattia».

 

ICTUS: CON INTERVENTO MECCANICO DISABILITA’ RIDOTTA DEL 50%

 

Oltre alla diagnosi precoce e preclinica, le novità del congresso riguardano l’ictus e la sclerosi multipla. Se sono 200mila i nuovi casi di ictus cerebrale all’anno, dei quali l’80% nuovi casi, sono quasi 1 milione gli italiani che convivono con gli esiti che nel 30% dei casi molto invalidanti. Sono questi i dati preoccupanti diffusi dal professor Elio Agostoni, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze e della Struttura Complessa di Neurologia e Stroke Unit dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda. Ma la buona notizia c’è e riguarda il trattamento dello stroke ischemico mediante disostruzione del trombo o trombo-aspirazione: «Negli ultimi dieci mesi, sono apparsi alcuni studi su riviste importanti come il New England Journal of Medicine che hanno dimostrato l’efficacia terapeutica della combinazione della tradizionale trombolisi sistemica farmacologica e della trombectomia meccanica» ha spiegato Agostoni. «Con la disostruzione meccanica dell’arteria si ottiene una riduzione della mortalità e della disabilità di circa il 50% e della conseguente aumentata autonomia dei pazienti sono testimone quotidianamente». 

Un aspetto correlato che i neurologi affronteranno sarà quello della formazione dei professionisti – neurologi, neurochirurghi e neuroradiologi - “interventisti neurovascolari” previsti h24 in ogni storke unit di secondo livello dal decreto ministeriale 70 del 2 aprile 2015. 

 

SCLEROSI MULTIPLA: LE NUOVE TERAPIE

 

Gli italiani con sclerosi multipla sono circa 60 mila, 1 ogni mille abitanti. Grazie alla crescente attenzione della ricerca, «il numero di farmaci a disposizione oggi sono una decina. Le novità riguardano tanto le terapie di prima linea, farmaci tradizionali iniettivi, molto sicuri e adeguati per i casi meno aggressivi, quanto le terapie orali, molto in uso nonostante i possibili effetti collaterali. Nei casi più aggressivi e maligni, e non sensibili alle comuni terapie, l’intensa immunosoppressione seguita da trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche » ha spiegato il presidente del congresso Gianluigi Mancardi, Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Genova. «Una sessione plenaria sarà dedicata alle classiche terapie immunosoppressive e parleremo anche dei recenti risultati ottenuti con un anticorpo monoclonale contro i linfociti B, che verranno resi pubblici a ECTRIMS a Barcellona, alcuni alquanto decisivi contro le forme primariamente progressive della malattia fin qui prive di trattamento». 

 

FONTE: http://www.lastampa.it/2015/10/08/scienza/benessere/parkinso-alzheimer-sla-cos-la-medicina-sfider-le-malattie-neurologiche-9SdgWXOEOlmyiLJBuGil5N/pagina.html

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