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Parkinson, nel 40% dei casi un episodio depressivo può anticiparne i sintomi

Set 11 2015

Il Parkinson è una malattia presente in tutto il mondo e colpisce in media verso i 60 anni circa il 2% della popolazione e la percentuale sale al 3-5% quando l’età è superiore agli 85. In Italia i malati di Parkinson sono circa 300.000, per lo più maschi (1,5 volte in più). Le cause sono ancora poco note e per saperne qualcosa di più ne abbiamo parlato, nel corso del 15° Congresso Mondiale di Neurochirurgia, con Andrea Landi, Responsabile neurochirurgia funzionale della Società Italiana di Neurochirurgia

 

Professore, ci sono nuove prospettive per la terapia del Parkinson?
“Le prospettive immediate più interessanti riguardano la neuromodulazione: tecniche chirurgiche invasive (DBS e MCS) e la FUSS. La DBS (Deep Brain Stimulation), già da diversi anni considerata come terapia di scelta nelle forme di PD scompensato, mediante la stimolazione di Nuclei talamici, del Subtalamo e del Globo Pallido è in grado di controllare i maggiori sintomi della malattia. Recentemente la DBS viene indicata anche in pazienti con storia di malattia non superiore ai sette anni (cosiddetta “early stim-therapy”): questo nuovo atteggiamento terapeutico è stato ampiamente accolto in Europa e successivamente, e con qualche limite, anche in Italia. Nuove tecnologie applicate alla DBS, come nuovi parametri di stimolazione (interleaving, bursts), nuove configurazioni di elettrodi (multipolari, direzionali) e nuove “filosofie” di stimolazione (la adaptive DBS che sfrutta feedbacks neuronali per adattare la stimolazione alle diverse fasi di attività dell’encefalo), sicuramente contribuiranno a migliorare il rendimento, già elevato, di questa terapia. La Stimolazione Corticale Motoria (MCS – Motor Cortex Stimulation), un’esperienza nella quale i gruppi italiani sono da sempre pionieri, viene oggi rivalutata nel trattamento dei disturbi assiali, come i disturbi della marcia o quelli di postura. La FUSS (Focused Ultrasound Steretoactic Surgery), di recente introduzione, è una metodica non invasiva che utilizza ultrasuoni altamente focalizzati per generare lesioni tissutali controllate. È attualmente indicata per il solo trattamento del tremore, ma una volta verificatane l’efficacia, potrà essere utilizzata nel trattamento di tutti i sintomi della malattia”.

 

I farmaci ora in uso per la terapia della malattia di Parkinson quanto sono in grado di migliorarne i sintomi?
“Nelle fasi iniziali di malattia, i farmaci sono in grado di controllare perfettamente tutti i principali sintomi. Recentemente si è rivalutata la possibilità di introdurre precocemente la terapia sostitutiva con LDopa, in quanto sembra meno importante la sua responsabilità nella genesi di complicanze tardive come le discinesie. Nelle fasi più avanzate di malattia la terapia farmacologica perde efficacia, sia per la comparsa di effetti collaterali sia per la comparsa di sintomi non controllabili con la terapia medica stessa come il freezing della marcia, i disturbi di equilibrio e i disturbi disautonomici”.

 

Quanto l’età è un importante fattore di rischio per la malattia di Parkinson?
“Le fasce di insorgenza del PD primario sono diverse. La maggiore incidenza è in 5/6 decade ma negli ultimi anni si assiste all’incremento delle forme cosiddette giovanili cioè a insorgenza sotto i 40 anni”.

 

Professore, è vero che la depressione potrebbe essere uno dei primi sintomi della malattia di Parkinson?
“Vi sono evidenze epidemiologiche suggestive che almeno nel 60% dei casi (ma forse più spesso) un episodio depressivo importante preceda di mesi l’insorgenza dei sintomi motori”.

 

Quali sono gli altri segnali che potrebbero diagnosticare la malattia del Parkinson?
“Un disturbo frequentemente riportato, ma che in genere viene valorizzato dopo l’insorgenza dei disturbi motori, è l’iposmia o l’anosmia. Altri segni prodromici possono essere: disturbi del ciclo sonno-veglia e comparsa di incubi molto vivaci; oltre alla già citata depressione, alterazioni psichiche, come moderata compulsività e modifiche del comportamento; alterazioni della scrittura (micrografia): disturbi sensitivi vari, in genere dolori mal definibili e talora migranti (5% dei casi); stipsi. Si tratta comunque di sintomi aspecifici e quasi mai considerati come un campanello d’allarme, fino a che non subentrano i segni più tipici della malattia”.

 

FONTE: http://www.insalutenews.it/in-salute/parkinson-nel-40-dei-casi-un-episodio-depressivo-puo-anticiparne-i-sintomi/

 

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